PROLOGO: Sede della Polizia
Speciale per le Minacce Paranormali, Bologna, Italia
“Non siete stati convocati per
diventare i liberatori dal male.
“Non siete stati convocati per
compiere miracoli.
“Non siete stati convocati per
cambiare la politica.”
Nella sala
erano in cinque: l’uomo che era intento a parlare, il Generale Goffredo Vitale, capo della
neocostituita PMP, e i destinatari del suo discorsetto:
Ø
Cesare Regolo,
Romano, irruento Carabiniere con un curriculum inappuntabile. Ai suoi piedi,
stava sdraiata Roma, una splendida
femmina di pastore tedesco.
Ø
Vittorio Longarno, Toscano, giovane e sanguigno cacciatore di criminali
di guerra nazifascisti.
Ø
Benedetta Mariacorona, Napoletana, piccola truffatrice ai danni del ceto
più ricco.
Ø
Antonio Tomasi Agresi, Siciliano, ‘uomo d’onore’,
non proprio uno stinco di santo, ma uno degli ultimi esemplari non coinvolti
nel giro della Mafia.
Vitale faceva molta attenzione
a fissare i suoi ospiti negli occhi, mentre parlava. “Siete stati convocati
perché, secondo i nostri cervelloni, siete i migliori in quello che fate.
Insieme, potete essere forgiati in una squadra operativa capace di adattarsi a
diversi scenari.
“Siete stati convocati per
aiutare le forze dell’ordine a dare un bel calcio in culo
alle emergenti minacce paranormali e a quelle organizzazioni che ne fanno
ricorso. Siete stati convocati per essere impiegati in missioni di appoggio alle nostre forze all’estero e, soprattutto, per
dare un messaggio chiaro: non siamo un cazzo di paese del terzo mondo incapace
di difendersi, quando serve. Se un paese come Costa Verde può permettersi la sua maledetta supereroina, o se un
branco di Arabi può mettere insieme la ‘Spada del
Deserto’, noi dobbiamo avere la nostra
MARVELIT Presenta
Episodio 2 - Fucina di Eroi!
“Domande?”
”Sotto che giurisdizione ricadiamo?” chiese Cesare.
“La PMP è strutturata come il
Corpo dei Carabinieri, quindi ne segue la giurisdizione, con qualche…libertà in
caso venisse associata ad operazioni del SISMI o
all’estero durante una missione internazionale.”
“Fantastico,”
disse Antonio, con un sorriso amaro. “Superpoteri per torturare meglio qualche
prigioniero? Vale davvero la pena di vivere per questo, no?” E dal suo tono era
chiaro come la pensasse, in realtà.
“Sia chiara una cosa,” intervenne Vittorio, facendo bene attenzione a ricambiare
lo sguardo di Vitale. “Forse non sono il più adatto a
parlarne, visti i miei…metodi” voluto eufemismo per la sua abitudine di
uccidere senza rimorso i propri bersagli. “Ma non ho
intenzione di sacrificare la morale in nome della bandiera. Forse Capitan
Italia qui,” indicò con il pollice Cesare, che
ricambiò con occhiata seccata, “sarebbe capace di chiudere un occhio o due, ma
io ho dei principi. I lavori sporchi me li seleziono,
non li eseguo ciecamente. Chiaro?”
“Parla per te, ammazzasette,” disse Benedetta. “Era una vita che sognavo di usare le
mie doti con un bell’avvallo legale. Quando si comincia?” Lei poteva permettersi di essere impaziente: era
una mutante, e i suoi poteri sapeva usarli bene.
Il Generale scosse la testa.
“Qui cominciamo a non capirci, benedetti ragazzi.” Per
lui, erano tutti ragazzi, senza distinzione
di età. “Non vi si chiede ne’ di
essere santarellini, ne’ di essere la versione tricolore del Punitore.
“È una questione anche di immagine: la PMP non è un’agenzia segreta, e voi sarete
le punte di diamante in una serie di operazioni pubbliche. Ovunque
andrete, salvo casi veramente eccezionali. Sarebbe facile mandarvi
all’attacco della Sacra Corona Unita, della ‘Ndrangheta e tutte quelle bestiacce
lì…ma sarebbe una replica di quello che fece Mussolini
quando cercò di sradicare la Mafia con l’esercito. E
sappiamo come andò a finire.
“La PMP ha delle specifiche
priorità; se le altre forze dell’ordine chiedessero aiuto, noi lo daremo, ma
non faremo di voi dei vigilantes. Chiaro?”
Gli rispose un minuto di
silenzio, al quale seguì una domanda di Benedetta, a mano alzata. “Chi guiderà
la squadra sul campo? Lei?”
Vitale ignorò l’inflessione
ironica. “La guiderà il Sig. Regolo…anzi, Vessillo.
E niente polemiche, ragazzi: la sua scelta è stata
attentamente meditata. Il secondo in comando sarà Falcone,” guardò Antonio. Poi indicò
rispettivamente Benedetta e Vittorio, “Madrepatria
e Partigiano seguiranno nella catena
di comando, succedendosi se chi gli sta davanti fosse
incapacitato a dirigere la Squadra Italia. Quanto agli altri due elementi…” nel
vedere i quattro candidati guardarsi intorno, perplessi, aggiunse, “Li
incontrerete nell’area di addestramento. Appena avrete
avuto la decenza di indossare i costumi e prepararvi.”
Vittorio sollevò la mano. “Mi
sembra il momento per parlare della nostra libertà di rifiutare l’incarico,
adesso.”
Curiosamente, Vitale non
sembrò turbato da quella uscita. “Naturalmente.
Parliamone pure. In fondo, si tratta solo di un incarico
molto ben pagato, con tutti i benefit che verrebbero a voi ed alle vostre
famiglie. Certo, ci sono dei rischi, ma il fatto che il vostro sia
normalmente uno stile di vita tranquillo e morigerato non
dovrebbe influire sulle vostre decisioni. Sarete addirittura, mioddio, trattati
come degli eroi. Certo, bisognerà tacere sulle vostre identità civili, ma avete
ragione: essere delle icone popolari costruttive, invece di scendere al livello
del Grande Fratello, non vale il sacrificio di fare sapere al mondo…”
Cesare si alzò in piedi,
mettendosi sull’attenti. Roma si mise seduta in posa marziale. “Accetto di fare
parte della Squadra. Sarà un onore, signore.”
“Conti anche me, capo,” fece Benedetta, più esausta da quello sproloquio
apparentemente interminabile, che convinta.
Antonio ebbe solo un momento di esitazione. “Non dico di no. Spero solo di potere essere
utile a dare un esempio veramente positivo ai miei
compaesani.” All’assenso di Vitale, si alzò in piedi.
Vittorio rimase lì dov’era,
non esattamente contento di essere stato appena sommerso dalla maggioranza.
Digrignò
i denti, e disse solo, “Sono dei vostri. Ma che la paga sia buona.”
A quel colloquio, seguì una
collaudata routine: visita della sede della PMP, familiarizzazione con gli
ambienti, igiene personale, pranzo, e finalmente il momento di indossare i
costumi.
Quando le porte sull’area di addestramento si aprirono, ne emersero quattro individui
molto diversi dai civili convocati qualche ora prima.
Vessillo sembrava veramente un
Capitan Italia: giubbotto bianco, così come i calzoni, che però erano verdi
all’altezza del bacino. Colletto e spalline rossi, guanti
rossi e stivali verdi. Uno Stellone dorato era dipinto sul torace. Alla
cintura, portava un gladio romano rinfoderato. Il volto era coperto in parte da
una maschera verde, e i capelli normalmente castani di Cesare erano stati tinti
di rosso e presentavano una ciocca bianca al centro. Al suo fianco, Roma
sfoggiava a sua volta un giubbotto imbottito foderato di tasche e un collare
dai riflessi argentati.
Partigiano indossava un body
integrale, nero, con una bandoliera trasversale e cintura con tasche. Ogni
gamba aveva una fondina per una pistola. Fondine per pugnali erano presenti
sulle braccia, che sfoggiavano una fiamma tricolore ed
un teschio demoniaco sulla sommità della fiamma. Il volto era completamente
coperto, e sul nero spiccavano due minacciosi occhi bianchi. Alla schiena,
portava uno zaino compatto. Completava il tutto un basco leggermente reclinato.
Madrepatria sembrava saltata fuori dal mercatino delle pulci dei super-eroi. Anche lei indossava un costume-bandiera, ma con i colori
disposti come si doveva. Sul tutto portava una giacca lunga verde militare. E il suo abbigliamento era sbrindellato in più punti.
Falcone era il più ‘metropolitano’
fra loro: maglietta nera, calzoni pure neri, impermeabile lungo con il bordo
frastagliato, guanti di pelle e stivali leggeri sotto i calzoni. In testa,
portava una bandana tricolore con un lungo fiocco alla
base. Aveva personalmente espresso il desiderio di non andare in giro con il
volto coperto: nessuno avrebbe dovuto pensare che un vero uomo d’onore avesse
qualcosa da nascondere.
“Capo,”
disse Madrepatria, squadrando per l’ennesima volta Partigiano, “so solo che se
ti vede questo Punitore, scommetto che ti cita per plagio d’immagine. Chi diavolo ha pensato che così conciato saresti ‘rassicurante’?”
“Alle PR ci penseranno gli
addetti,” disse il Toscano. “A me basta fare il mio
dovere,” e picchiettò la mitraglietta al fianco -c’era
di che sentirsi bene, con tutto quell’arsenale addosso!
“Questo è lo spirito, mister,” disse una voce femminile, con un lieve accento del sud.
In quel momento, dalla parte
opposta della stanza, entrarono due individui -e, a giudicare dall’aspetto,
dovevano essere i due ‘super’ mancanti all’appello.
“Ehi, io la conosco quella
lì!” fece Madre, rivolta alla donna dai capelli biondi, che indossava
un costume dorato con frange tricolori alle braccia ed alle caviglie, una banda
alla fronte con medaglione pure tricolore, e una corta mantellina dorata che le
arrivava fino ai gomiti. “Sei Sun,
del Worldwatch!”
“Sonia Elios al servizio della
comunità,” disse l’eroina, salutando. “Ed ex membro del defunto Worldwatch. Felice di conoscervi.”
“E il
tuo amico è...?” chiese Falcone, osservando il gigante accanto a Sun. Altezza non inferiore a due metri, un volto granitico che doveva
essere servito a modello per quello di Terminator, un alto ciuffo candido alla
mohicana. Corpo coperto da un’armatura finemente
modellata sul corpo, con un pettorale tricolore a cuneo. I suoi occhi
erano metallici, o almeno dovevano essere coperti da una membrana metallica…
“Lui è Legionario,” rispose Sun. “È di poche
parole, e credo sia perché è un cyborg. Un prodotto FIAT-Alenia Marconi.”
“Se riesce a stare in piedi, allora,
lo considero un successo,” commentò Madre. Osservò le
nude pareti metalliche. Sembrava di stare sul set del Cubo. “Allora, qual è il programma della giornata? Non dovevamo
trovare il nostro istruttore ad attenderci?”
Fu come avere dato un segnale:
le luci della stanza si spensero. Tutte.
“A proposito di
malfunzionamento…” fece Partigiano, mentre le luci di emergenza
si accendevano tremolando, riempiendo l’ambiente di una debole luce azzurra.
Vessillo toccò un lato della
sua maschera, attivando il comunicatore. “Parla Vessillo. Generale, che
problemi ci sono..?” ma gli rispose solo un irritante
fruscio, lo stesso che giunse dagli altoparlanti.
“Non ditemelo,” fece Partigiano, mettendosi una mano alla faccia. “Siamo
bloccati qua dentro, nel nostro stesso quartier generale!” Nessuno osò
aggiungere verbo.
“E
qual è il problema?” Sun si avvicinò alla porta da cui era venuta. “Prima di
entrare qua dentro, ho fatto scorta di energia solare.
Non ce ne vorrà tanta, per sciogliere la serratura di questa porta.”
Tutti la videro appoggiare il
palmo sul metallo, scegliendo istintivamente l’ideale posizione di una
serratura, anche se non ce n’era una visibile. Poi la mano brillò di energia pura, incandescente…
E un tremendo colpo
di forza sbatté l’eroina all’indietro, come se un mulo l’avesse calciata
nello stomaco!
“Fammi indovinare: nel tuo
vecchio gruppo non brillavi per il lavoro di squadra, vero?”
Madre se la ridacchiò, alla vista di Sun rimbalzare sul sedere due o tre
volte, prima di finire ai piedi del resto della Squadra. La sua era una domanda retorica: dal tono delle due o tre
interviste rilasciate, Sun e il lavoro di squadra non andavano molto d’accordo.
Ognuno degli eroi in piedi,
spinto da una vita spesa a fare attenzione ai particolari, prese a guardarsi
intorno con gli occhi, alla ricerca di un possibile pericolo. “Se alcuni
sistemi difensivi funzionano,” disse Vessillo, “vuol
dire che sono collegati a un generatore d’emergenza.”
“E se il cortocircuito ha
sputtanato in qualche modo i programmi,” aggiunse
Partigiano…e fu interrotto dall’abbaio di Roma. La lupa stava guardando verso
l’alto.
Verso il blocco d’acciaio in
caduta libera verso la Squadra!
Non ci fu bisogno di dirlo:
gli eroi si sparpagliarono in fretta. Solo Legionario rimase dov’era, intento a
fissare l’oggetto.
Un pugno corazzato scattò
improvvisamente verso il metallo.
Contatto! Un blocco pesante
quattro tonnellate fu fermato da quel singolo pugno.
L’istante successivo, una ragnatela di crepe apparve lungo
tutto l’oggetto…che si disgregò come un cubetto di ghiaccio preso a
martellate.
Non ci fu il tempo di restare
sorpresi: una serie di pannelli si aprì sulla parete nord, e da essi emersero dei missili.
“Programmato o no, è uno stile
che mi piace!” Il Partigiano prese la mitraglietta e
sparò: una raffica breve, non di proiettili ordinari, bensì di minuscoli
missili a ricerca automatica del bersaglio. Ogni proiettile, un centro!
A quel punto, la sequenza di attacco si interruppe.
“Persino i sistemi automatici
sono dei cacasotto,” commentò Partigiano, mettendosi
seduto a terra, con le gambe incrociate. “È un miracolo se questo paese gode
ancora di una sua autonomia.”
“Preferiresti che ci
trovassimo sotto qualche sedicente dittatore?” chiese Falcone. “Sei un gran
pessimista, per essere un cacciatore di criminali di guerra.”
“E tu
un incredibile ottimista, per essere un mafiosetto di serie B. Di’, come riesci
a raderti senza guardarti allo specchio?”
I loro occhi si incontrarono. Non conosceremo mai l’espressione di
Partigiano dietro la maschera, ma di sicuro quelli di Falcone brillarono di un odio così feroce che quasi si accesero.
Occhi di assassino, che avrebbe potuto vendicarsi velocemente
e nel modo più drastico.
“E
noi dovremmo lavorare insieme?”
chiese Madrepatria, scuotendo la testa. “Cavolo, siamo abbastanza per fare un partito e scannarci per la presidenza, altroché.”
“Detto da una che pensa ai
soldi, per prima cosa…” il Toscano moriva dalla voglia di accendersi una
sigaretta.
Lei gli si accosciò davanti.
“Bello, i soldi mi vanno bene, ma mi va anche di uscire dalla merda una volta per tutte. Essere una mutante, in una città come
la mia, è due volte una rottura: prima di tutto,
essere un mutante dalle nostre parti è peggio che essere omosex, ti guardano
come spazzatura ambulante. La mia famiglia mi ha scacciato in fretta, quando manifestai i poteri. E seconda cosa, anche come illegale mi
guardano dall’alto al basso: quelli come me sono
‘concorrenza sleale’, dicono. Non avimmo manco il coraggio di organizzarci fra
noi. I più furbi se la squagliano!”
“E tu
non sei stata furba?”
“Amo la
mia città, va bene? È ridotta da fare schifo, ma è la mia terra. E tu? Che razza di psicopatico sei
per andare in giro ad ammazzare gente per soldi?”
Lui tacque per un minuto,
prima di rispondere. “Mio nonno era nella Acqui.”
“Eh?”
Vittorio sospirò. “La
divisione Acqui, che nel 1943 si trovava in Grecia, a Cefalonia. Furono
massacrati tutti dai Nazisti, per rappresaglia contro il cambio di sponda del
Governo Italiano.
“Mia madre, allora solo una
ragazzina, crebbe con un odio che rasentava il fanatismo. Quell’odio non si
estinse neppure quando tirò l’ultimo respiro. Si era assicurata che
frequentassi la migliore accademia militare, per essere ammesso alla Folgore,
per diventare il migliore…ma i tempi cambiavano, nel frattempo. Il nemico di
ieri aveva finito col diventare l’alleato di oggi. Ed
io ero un antitedesco fuori dal mio tempo.
“Scelsi di diventare un
cacciatore di Nazisti in Italia dopo avere letto dei rapporti e degli articoli
in merito ai criminali di guerra mai perseguiti nel
nostro paese. Per non farsi nemici i nuovi alleati, per mantenere buoni i
rapporti dentro la NATO, l’Italia adottò la linea del
silenzio. Ma non io.
“Quando sono stato convocato,
all’inizio ho pensato ad una specie di scherzo…e ancora penso che questa
‘Squadra Italia’ sia solo un tentativo di imitare i
Vendicatori o gente del genere. Ma un po’ alla volta,
mi sto rendendo conto che non posso sperare di arrivare alla pensione come
mercenario. Preferisco fare qualcosa di decente, di smetterla di vivere un odio
che non è neppure mio. E tu, uomo-bandiera?”
Vessillo sfiorò la parete,
ricevendo una scossa elettrica, che i guanti isolanti attutirono. “Non siamo un paese perfetto, ma quale lo è? Continuiamo a vedere
in altri paesi, soprattutto negli USA, quelle virtù che noi rifiutiamo di
ammettere di avere.
“Non siamo un paese da terzo
mondo, ma continuiamo a comportarci come se lo fossimo,
e finiamo col trascinare noi stessi nell’abisso. Confondiamo ogni moto
d’orgoglio nazionale con il fascismo, e così accettiamo che chiunque detti
ordini alla nostra politica estera ed economica…
“Come ha
detto il Generale Vitale, non siamo qui per trasformare l’Italia. Io
farò quello che devo per aiutare la gente, come in
famiglia abbiamo sempre fatto…ma che io sia dannato se permetterò a qualche
figlio di giornalista di darmi del politicizzato o del fascistoide.”
“Le intenzioni sono buone,” disse Sun, “ma ho un po’ di esperienza in realtà. La mia
vecchia squadra fu demolita dai dissidi interni e dalle esigenze della
politica. Succede, quando si mette insieme della gente come se fossero un
branco di impiegati, non importa quanto bene
remunerati: un gruppo si deve basare su rispetto e conoscenza reciproci…”
“Parli proprio tu, di rispetto?” chiese Madrepatria.
“Ho detto ‘esperienza’,
cocchina. E dovete ammetterlo, rispetto a voi ne ho da
vendere.”
Si sollevò una specie di
gemito collettivo. Legionario tacque.
“Cosa
ti hanno detto, su di lui?” fece Falcone, indicandolo col pollice.
Sonia Elios scosse la testa.
“Solo che era un volontario. Non so neanche come si chiama veramente.”
“E ti pareva,”
commentò Partigiano. Poi voltò lo sguardo verso Roma: la lupa era impegnata ad
annusare con cura a terra. Ogni tanto si fermava, grattava con una zampa,
uggiolava, e poi ricominciava. Sembrava determinata a fare così con ogni
centimetro quadrato del pavimento.
“Che
sta facendo quella bestia?” chiese Partigiano.
Vessillo era intento a sua
volta ad osservare quello che faceva l’animale che tante volte lo aveva
accompagnato in missione, nei Carabinieri. Era stata una sua precisa richiesta di averla al suo fianco anche in questa nuova attività. “Sta
cercando una via di uscita, ecco cosa sta facendo.”
“Allora ne avrà
da nasare: qui il vero miracolo è che ci sia ancora l’aria.”
“Sei Siciliana
anche tu?” chiese Falcone, rivolto a Sun.
Lei annuì. “Di
Montalba, sulla costa nord. Altro nome, stessa merda.”
“Non eri felice di vivere lì?”
Lei fece spallucce. “Lasciamo perdere, va’. Diciamo solo che non vedevo l’ora di
fare un po’ di vita fuori da quel posto.” E non aggiunse altro.
Ci provò lui. “Corsolungo non
è così male. I disoccupati si possono contare sulle dita di
una mano, tutti gli altri hanno un lavoro chi in campagna e chi in
città. Gli anziani non devono temere per la loro salute…e sai cosa mi fa
incavolare, di tutto questo?”
Lei fece scena muta.
“Mi fa incavolare che il
merito è di una lunga serie di passaggi di potere fra
due famiglie, una delle quali la mia. Mi fa incavolare che fra queste famiglie
ci sia stata una faida generazionale, che ha lasciato
me l’ultimo membro. Mi fa incavolare che la mia gente non voglia
mandarmi al diavolo per chiedere aiuto allo Stato. Mi fa incavolare che potevo
scegliere fra il portare avanti la mia parte di faida o seppellire l’orgoglio e
lasciare la vittoria in mano al vecchio nemico.
“Non mi sento giustiziere, ma
so cosa è la giustizia. E non ho nulla di cui redimermi, sono fiero di avere
fatto la mia parte senza oltrepassare i confini di un vero uomo d’onore.”
“Esistono ancora quelli come
te?” ‘Patria si passò le dita fra i capelli. “Ambigui
cavalieri di altri tempi… Trovo che siano figure
affascinanti. “Dalle mie parti sembrano essere scomparsi: i pezzi grossi sono
diventati tutti imprenditori, freddi e calcolatori.”
“Almeno, della gente per bene esiste
ancora. Il popolo Napoletano sta all’Italia come i Newyorchesi agli USA: gente a parte di un mondo a parte.”
“Amen… Ma da quanto tempo
siamo qui, ridendo e scherzando?”
Fu Vessillo, a rispondere.
“Trentuno minuti e ventidue secondi…”
“Credete che si accorgeranno
di noi, prima o poi?” fece Sun. “Questa cosa sta
diventando ridicola, non siamo mica al confessionale del Grande Fratello!”
Guardò verso il soffitto. “Chiudete gli occhi e statemi lontani: fra poco farà
caldo.” Puntò le braccia verso il soffitto, e senza
preavviso liberò un’abbagliante getto di plasma
solare!
Il campo di forza oppose una
debole resistenza di fronte a quell’assalto…ma il calore non aveva
fatto in tempo ad arroventare il metallo, che i sistemi di difesa entrarono
di nuovo in azione -questa volta, sotto forma di bocchette da tutti i lati, pavimento
incluso!
“GAS!” urlò Vessillo, sottolineando l’ovvio, mentre getti densi andavano a
riempire l’ambiente.
Il capo della Squadra reagì
altrettanto rapidamente: il simbolo sul suo torace si illuminò
al comando mentale. Un momento dopo, bozzoli di energia
avvolsero ogni singolo membro del gruppo, ad eccezione di Legionario.
“Quando
si dice che lo Stellone ci protegge…” fece Partigiano. “Va bene, siamo
protetti, ma l’ossigeno non durerà per sempre, no?”
“Infatti.”
Vessillo fece un cenno al possente cyborg. “Legionario, usa la tua forza per
sfondare il pavimento. Non risparmiare le forze.”
Cyborg annuì,
sollevò i pugni. Si tese e li calò…
“Basta così, Squadra.”
I pugni si fermarono ad un
soffio dal pavimento.
Il gas smise di fuoriuscire.
Potenti ventole risucchiarono quello sospeso nell’aria. Le luci regolari si
accesero.
Quando l’ambiente fu
decontaminato, la porta si aprì, e da essa entrarono
il Generale Vitale e un altro ufficiale, più giovane, con i gradi di Capitano.
“Ottima prova, Squadra Italia,” disse Vitale, brontolando come un orso soddisfatto. “A
proposito,” indicò l’altro ufficiale. “Questo è il
Capitano Lovelli, il Direttore della Palestra, vale a dire il centro di
selezione e di addestramento. È lui che ha predisposto
questo primo test.”
“Sarebbe un test?” chiese
Madrepatria. “Era più pericoloso girare nei Quartieri Spagnoli con addosso i gioielli delle feste e un bel portafogli in
vista.”
“In riga, truppa,” disse lui, severamente. Loro si affrettarono ad obbedire,
mettendosi tutti sull’attenti. “Molto bene. Non sopporto dei sottoposti
indisciplinati, super o meno.
“Dunque,
prima di sbattervi a prendere a calci qualche superculo, come la stessa Sun ha
notato, è importante che vi conosciate quanto meglio possibile…dato che in
fondo siete insieme per la prima volta.
“Così, ho allestito
un…’confessionale’,” Vitale guardò Madrepatria con un
sorriso. “È servito un po’ per testare i vostri riflessi, fare capire l’uno
all’altro di cosa siete capaci, testare la vostra capacità di deduzione…perché
avevi capito che la sola via di fuga era verso il basso, giusto, agente?”
chiese a Vessillo, che rispose con un secco “Sissignore!”
Vitale annuì. “Ma la parte più importante era che vi scoperchiaste un po’
gli uni con gli altri. Una serie di colloqui individuali non sarebbe servita a
nulla se non a mantenere le distanze, e a me l’obbedienza piace mista al senso
del gruppo, oppure commissionavo un esercito meccanico
come Legionario.
“Non dico che siete pappa e ciccia, signori, ma almeno adesso sapete
perché Vessillo è la scelta giusta per comandare il gruppo sul campo. Sapete
perché avete accettato, e ne siete venuti a patti quanto
basta.” Vitale si fregò le mani. “E ora basta con le
chiacchiere. Vi aspetta una bella sessione di addestramento,
di quello vero, tutto muscoli e sudore. La giornata è ancora lunga, e vi
aspettano delle belle rogne, credetemi.”
Loro gli credettero.